Gelo Per i bastardi di Pizzofalcone by Maurizio De Giovanni

Gelo Per i bastardi di Pizzofalcone by Maurizio De Giovanni

autore:Maurizio De Giovanni [Giovanni, Maurizio De]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: noir italiano
editore: emmebooks
pubblicato: 2015-02-14T16:00:00+00:00


XXVII.

Il Centro Direzionale era un posto sinistro anche nelle giornate di sole o nei caldi pomeriggi di primavera, ma in quella sera d’inverno gelido, abbandonato da tutti e con i radi negozi e bar chiusi, ricordava lo scenario fantascientifico di un olocausto postnucleare.

Alex e Lojacono avevano lasciato l’auto di servizio in uno dei parcheggi sotterranei, antri paurosi e semibui dove il vento muggiva come una bestia ferita, ed erano usciti in superficie attraverso le scale: un luogo perfetto per gli appostamenti di rapinatori e malintenzionati, che tuttavia, con quelle temperature, era probabile se ne stessero rintanati nelle sale giochi, se non a casa come chiunque altro. A scanso di equivoci, i due poliziotti avevano passato istintivamente la mano sulla pistola che riposava nella fondina sotto l’ascella, riportandone un subliminale conforto.

I loro passi risuonavano nel silenzio. Erano appena le sette, ma potevano essere le due del mattino per la poca gente che si incontrava lungo i viali ultramoderni del quartiere. I grattacieli di cristallo avevano molte finestre illuminate, quindi l’attività continuava e il pianeta Terra era ancora abitato, però nessuno sfidava il gelo, se non era necessario.

Arrivati al fabbricato indicato sul foglietto che avevano ricevuto da Ottavia, un palazzo di altezza media schiacciato fra due colossi di metallo e vetro, entrarono in un androne vasto e non riscaldato in cui non si vedevano custodi. Studiarono le numerose targhe esposte e trovarono quella che cercavano: «Charles Elegance». Terzo piano, interno 32.

L’ascensore sembrava una cella frigorifera; produceva anche lo stesso rumore. Lojacono, che era un po’ claustrofobico, immaginò i cupi sviluppi di un blocco dell’impianto in quel luogo desertico, e il successivo ritrovamento dei loro cadaveri surgelati l’indomani mattina. Invece giunsero vivi a destinazione, e suonarono il campanello.

Ad accoglierli, con un professionale benvenuto plastificato, fu una bella ragazza bruna la cui espressione s’incrinò quando apprese che erano poliziotti. La giovane si alzò dalla postazione, scomparve dietro un angolo e poco dopo riapparve invitandoli a seguirla.

L’agenzia faceva onore al suo nome. La folta moquette marrone accoglieva i passi attutendone il rumore, mentre altoparlanti nascosti diffondevano una musica calda che rendeva l’ambiente esotico e gradevole. Nell’unica stanza aperta, Alex e Lojacono scorsero due modelle vestite da sera, coricate su un divano e illuminate da riflettori; un fotografo si muoveva attorno a loro scattando a ripetizione. La receptionist si scusò, come se fosse stato uno spettacolo disdicevole.

Arrivati alla fine del corridoio, bussò con grazia a una porta in legno scuro, più pesante delle altre, al cui fianco campeggiava una targhetta: «Direttore».

Entrarono.

L’ufficio era illuminato dalla luce calda proveniente da due piantane e da un lume posato su una pesante scrivania in mogano, dietro la quale sedeva un uomo magro, sui cinquant’anni, in maglione scuro e occhiali, che si alzò e andò incontro ai poliziotti tendendo la mano.

«Buonasera, sono Carlo Cava, dirigo quest’agenzia. Immagino il motivo che vi ha portati qui. Accomodatevi. Posso offrirvi qualcosa?»

Alex e Lojacono declinarono con garbo e si sedettero sulle poltrone che erano state loro indicate. La ragazza che li aveva accompagnati si dileguò dopo essere stata congedata dal principale con un cenno.



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